Presidenza di Woodrow Wilson

Presidenza Woodrow Wilson
Woodrow Wilson
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Capo del governoThomas Woodrow Wilson
(Democratico)
Giuramento4 marzo 1913
Governo successivo4 marzo 1921

La presidenza di Woodrow Wilson iniziò il 4 marzo 1913 quando Woodrow Wilson si insediò come presidente degli Stati Uniti e terminò il 4 marzo 1921.

Wilson, un democratico che in precedenza era stato governatore del New Jersey, divenne il ventottesimo presidente dopo aver vinto le elezioni presidenziali del 1912, ottenendo una larga maggioranza nel collegio elettorale e la maggioranza relativa del 42% nel voto popolare, in un'elezione che vide competere quattro candidati. Wilson fu rieletto nel 1916, sconfiggendo il repubblicano Charles Evans Hughes con un margine abbastanza ristretto.

Fu il primo sudista ad essere eletto presidente dopo Zachary Taylor nel 1848, e il settimo democratico a vincere le elezioni presidenziali, il secondo democratico a vincerle dopo al guerra di secessione, dopo Grover Cleveland.

Wilson era una forza trainante nel movimento progressista e durante il suo primo mandato operò per l'approvazione di una legislazione progressista senza precedenti e superata solo dal New Deal negli anni 1930. Entrato in carica un mese dopo la ratifica del XVI emendamento della Costituzione, che consentiva un'imposta federale sul reddito, contribuì ad approvare la legge sulla tassazione del 1913, che reintrodusse un'imposta federale sul reddito per abbassare i dazi doganali. Tra le altre importanti leggi progressiste approvate durante il primo mandato di Wilson vi furono il Federal Reserve Act (che istituì il sistema di banca centrale), la legge che creò la Commissione federale sul commercio nel 1914, la legge Clayton Antitrust e la legge sui prestiti federali per gli agricoltori. Durante l'approvazione della legge Adamson, che imponeva alle ferrovie una giornata lavorativa di 8 ore, scongiurò uno sciopero delle ferrovie e la conseguente crisi economica. Per quanto riguarda le questioni razziali, l'amministrazione Wilson rafforzò le politiche segregazioniste nelle agenzie governative. Allo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914, Wilson mantenne una politica di neutralità, mentre perseguì una politica di pressioni morali nella guerra civile messicana.

Il secondo mandato di Wilson fu segnato dall'ingresso degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale e dalle sue conseguenze. Nell'aprile 1917, quando la Germania riprese la guerra sottomarina indiscriminata, Wilson chiese al Congresso di dichiarare guerra per rendere "il mondo sicuro per la democrazia". Con la legge Selective Service Act, la leva obbligatoria riuscì a mandare in Francia 10.000 soldati al giorno già nell'estate 1918. Sul fronte interno Wilson aumentò le tasse sul reddito, istituì il War Industries Board, una commissione che gestiva l'industria bellica, promosse la cooperazione sindacale, regolamentò l'agricoltura e la produzione alimentare attraverso la legge Lever e nazionalizzò il sistema ferroviario. Nel suo discorso sullo stato dell'Unione del 1915, Wilson chiese al Congresso quelle che divennero la legge sullo spionaggio del 1917 e la legge sulla sedizione del 1918, per reprimere le proteste contro la leva obbligatoria. La repressione fu in seguito intensificata dal procuratore generale A. Mitchell Palmer, includendo l'espulsione dei contestatori non cittadini statunitensi durante la prima "paura rossa" del 1919-1920. Wilson iniettò moralità nel suo internazionalismo, un'ideologia ora denominata "wilsoniana": una politica estera impegnata che invita la nazione a promuovere la democrazia globale.[1][2]

All'inizio del 1918 emanò i suoi principi per la pace, i Quattordici punti , e nel 1919, in seguito alla firma di un armistizio con la Germania, si recò a Parigi, concludendo il trattato di Versailles. Wilson intraprese un giro per la nazione con lo scopo di fare campagna a favore del trattato, che avrebbe comprendeva l'adesione degli Stati Uniti alla Società delle Nazioni, ma fu colpito da un ictus nell'ottobre 1919 che lo lasciò inabile e la ratifica del trattato fu respinta dal Senato. Nonostante i gravi dubbi sulla sua salute e capacità mentale, Wilson rimase in carica per il resto del suo secondo mandato e cercò senza successo la nomina del suo partito per un terzo mandato.

Nelle elezioni presidenziali del 1920 il repubblicano Warren G. Harding sconfisse il candidato democratico James M. Cox in modo schiacciante, e Harding succedette a Wilson nel marzo 1921. Gli storici e gli scienziati politici classificano Wilson come un presidente sopra la media, e la sua presidenza è stata un importante precursore del moderno liberalismo statunitense. Tuttavia, Wilson è stato anche criticato per le sue opinioni e azioni razziste.

  1. ^ John Morton Blum, Woodrow Wilson and the Politics of Morality, Boston, Little, Brown, 1956.
  2. ^ Richard M. Gamble, Savior Nation: Woodrow Wilson and the Gospel of Service (PDF), in Humanitas, vol. 14, n. 1, 2001, pp. 4–22.

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